Video - Caffè in Rosa | Innovazione e Invecchiamento: rischio o opportunità?

30/03/2022 Autore: Angelica Uberti

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Proseguono i Caffè in Rosa di Anra. Il ciclo degli appuntamenti inclusivi dell’Associazione dei Risk Manager, che ha recentemente ottenuto il Patrocinio del Comune di Milano, nel mese di marzo si è focalizzato sull’invecchiamento cognitivo. In occasione del mese dedicato alla donna, l’ospite è stato Optimens, startup innovativa, tutta al femminile, e società benefit che opera nel campo delle neuroscienze cognitive.

Prosegue la stagione 2022 dei Caffè in Rosa, gli incontri sulla diversity e inclusion organizzati da ANRA e patrocinati dal Comune di Milano.

Il secondo incontro dell’anno, andato in onda martedì 29 marzo si è focalizzato sull’invecchiamento cognitivo: un esempio classico di quelle tipologie di rischi derivati dalle opportunità che il progresso scientifico ha fornito alla collettività, come in questo caso l’aumento dell’aspettativa di vita media.

Le ospiti di questo incontro sono state le socie fondatrici di Optimens: Olga Puccioni, Monica Belfiore, Valentina Mengarelli e Dorina Stanculescu. Attraverso la loro testimonianza, la discussione si è focalizzata sulla comprensione delle categorie interessate dal rischio derivato dall’invecchiamento cognitivo e le proposte per cercare di evitare e prevenire questa tipologia di rischio.

Una parte importante del programma, nel mese dedicato alla donna, si è incentrata sull’approfondire cosa significa, oggi, fondare una startup innovativa tutta al femminile: i rischi che comporta, le competenze necessarie, i pregiudizi da affrontare e le opportunità che offre.

Olga, CEO di Optimens, vuoi raccontarci come è nata questa idea imprenditoriale?

Optimens è nata nella mia testa in mezzo all’appennino tosco-emiliano. Ho proprio l’immagine di quel momento. Ero in auto e stavo tornando a Trieste con la mia famiglia, dopo essere stata dai miei genitori in Toscana e a trovare la mia nonna, che è stata affetta da demenza per 15 anni.

Stavo finendo di scrivere la tesi di dottorato in una scuola internazionale di eccellenza, la SISSA, e mi chiedevo cosa avrei voluto fare poi. La situazione era questa: avevo una laurea in psicologia e un dottorato in neuroscienze cognitive, avevo fatto ricerca sull’invecchiamento cognitivo e sui fattori che ne attenuano l’impatto. Potevo andare all’estero a fare ricerca, avevo le carte per farlo.

La vera domanda che mi facevo era: a cosa possono essere utili le mie competenze sul funzionamento del cervello in generale e in particolare dell’invecchiamento? E allora mi è balzata agli occhi una cosa: nella ricerca internazionale c’erano sempre più evidenze di come ridurre e rallentare l’impatto dell’invecchiamento cognitivo, però nella vita reale, alla portata delle persone non c’erano, né ci sono tutt’ora, servizi per il mantenimento cognitivo.

E lì ho capito che potevo lavorare per creare io stessa quello in cui credevo.

Come siete passate dall’idea a fare imprenditoria?

Ho cominciato a formarmi facendo un master che voleva dare una base di competenze imprenditoriali a chi veniva dalla ricerca e via via preso consapevolezza di tanti aspetti legati al mondo dell’imprenditoria.

Poi ho conosciuto Monica, che sentiva il mio stesso bisogno e si è appassionata al progetto, e ho lavorato part time nella comunicazione della scienza, dove ho incontrato Dorina e Valentina.

Avevamo competenze diverse e complementari che rispondevano ai bisogni del progetto: scientifiche, di business, di analisi dei dati e di comunicazione. E lo abbiamo fatto!

Il nostro ciclo di incontri di Caffè in Rosa si incentra sulla tematica del rischio. La vostra attività come si lega al rischio?  

Noi riteniamo che nella nostra società il rischio dell’invecchiamento cognitivo sia presente, ma non ne siamo pienamente coscienti. Secondo numerose ricerche e survey condotte, oggi ci occupiamo attivamente di alcuni aspetti legati alla nostra salute fisica e mentale, ma non agiamo per prevenirlo nel futuro e soprattutto non sappiamo cosa possiamo fare concretamente per contrastarlo, sia perché manca la cultura su questo tema ma anche perché mancano servizi in merito riconosciuti e diffusi.

Chiederei a Monica, che si occupa dello sviluppo del prodotto: quali sono i principi scientifici su cui si basa Optimens?

I servizi di Optimens si basano su vari principi chiave legati alle neuroscienze cognitive. Il primo è quello dell’invecchiamento cognitivo fisiologico, ovvero il fatto che con l’avanzare dell’età il nostro cervello gradualmente diminuisce la sua velocità di funzionamento e anche l’efficacia, soprattutto per quanto riguarda alcune capacità specifiche. Tutti temono la perdita della memoria, ma non c’è solo quella. Ci sono le capacità di attenzione, di pianificazione, il linguaggio e altre.

Nell’invecchiamento cognitivo patologico, quindi nelle demenze, si hanno poi degli effetti molto più marcati, più rapidi e che compromettono la vita quotidiana.

Poi c’è il training cognitivo. Ovvero l’allenamento che possiamo fare per stimolare le varie funzioni cognitive. Le chiamiamo in causa attraverso modalità che possono essere più o meno giocose, più o meno realistiche e chiediamo al nostro cervello di fare qualcosa e così facendo lo teniamo attivo. Proprio come facciamo con la ginnastica per il resto del corpo.

E infine c’è il concetto di riserva cognitiva, cioè una riserva in termini di capacità, strategie, abilità che abbiamo creato e accumulato durante tutta la vita, che è come il conto in banca del nostro cervello. Più ne abbiamo accumulata, più il nostro cervello è ricco e può permettersi di affrontare il declino cognitivo perché è più resistente.

Hai nominato la riserva cognitiva, potresti spiegare questo termine anche per i non addetti ai lavori?

Sono stati individuati vari fattori che contribuiscono alla riserva cognitiva. I principali sono: l’istruzione formale, quella non formale, il tipo di lavoro, le attività relazionali, il prendersi cura di altri (tipo bambini, anziani, animali), la lettura, fare viaggi e fare attività fisica. 

Questo porta a galla un altro concetto chiave che è quello della socialità, secondo cui ci sono 4 pilastri dell’invecchiamento: l’alimentazione, il movimento, l’attività cognitiva e la socialità.

Optimens lavora per implementare, nei suoi servizi, l’attività cognitiva e la socialità.

È stato evidenziato che se togliamo la socialità gli altri pilastri non reggono. Per questo noi non vogliamo fare “app di training cognitivo”. Sono comode, ma mancano di un aspetto fondamentale: la relazione.

Abbiamo dunque capito qual è l’idea da cui siete partite e su quali basi fondate i vostri principi. Però a giugno 2021 avete deciso di andare oltre, di fare il vero salto e costituire la società. Infatti, voi siete una start-up innovativa e società benefit. Partiamo da questo secondo termine. Valentina, si sente sempre più parlare di società benefit ma cosa vuol dire esserlo?

Le Società Benefit rappresentano una vera e propria evoluzione rispetto al tradizionale modello di società di capitali. Note nel mondo come Benefit Corporation, rappresentano uno dei modelli più avanzati in termini di impatto sociale e ambientale d'impresa. Sono società a scopo di lucro che esplicitano all’oggetto sociale un duplice obiettivo: creare valore sia per gli shareholder sia per gli stakeholder.

I valori di Optimens e l'impegno nel migliorare la vita delle persone sono esplicitati e riconosciuti per legge, tanto al nostro interno quanto verso il resto del mondo; in tal modo esprimiamo un impegno concreto nel presente con la prospettiva di consolidarlo per il futuro.

Optimens intende sviluppare, applicare e diffondere best practice condivise, volte alla creazione di valore tecnologico e di innovazione di processo e che abbiano quale outcome finale la concretizzazione del potenziale di sviluppo dell'intero settore, con ricadute positive sull'intero sistema Paese e in particolare sul Sistema Sanitario e Socio Assistenziale Nazionale.

Dorina, per quanto riguarda il vostro obiettivo innovazione, cosa significa esattamente?

Viene definita start-up innovativa quell’impresa che si contraddistingue per lo sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico: questo significa sostanzialmente che la nuova impresa deve proporre prodotti o servizi che abbiano una matrice tecnologica e che siano capaci di avere un impatto di cambiamento positivo nel settore in cui operano.

Per Optimens, il goal è portare nel quotidiano le ricerche in neuroscienze e applicarle per cercare di migliorare la qualità di vita. È stato verificato, infatti, che fare allenamento cognitivo associato alla socialità, porta dei benefici.

A tal proposito, stiamo sviluppando due prodotti: dei percorsi di intrattenimento e gioco, formato da esercizi che allenano alcune funzioni cognitive e un test per permettere di monitorare lo stato cognitivo.

Li vogliamo erogare in diverse modalità a seconda della digitalizzazione e segmentazione per età: al telefono, per chi è più fragile o si trova in località remote/non si può muovere, online, per chi è più digitalizzato e ha voglia di conoscere nuove persone, senza spostarsi da casa e corsi in presenza.

Il prodotto che abbiamo già validato è proprio quello in presenza, in cui gli utenti venivano coinvolti per 12 incontri, dove si facevano delle mini-lezioni teoriche sulle neuroscienze, si insegnano delle mnemotecniche, ma soprattutto si gioca, apprendendo divertendosi.

La pandemia è stata poi motore per traslare il nostro prodotto nella parte digitale/telefonica.

Riprendendo la tematica dell’innovazione e del rischio: chi fa azienda è consapevole del fatto di prendersi un rischio. Questo come si declina nell’esperienza di Optimens?

Il futuro porta molta incertezza e, con essa, rischio. È una parte inevitabile della nostra vita quotidiana e del fare affari.

La verità è che spesso rischio e innovazione si bilanciano a vicenda all'inizio del processo. Parlando di Innovazione e rischio per Optimens, siamo molto consapevoli che un'impresa (soprattutto se innovativa) comporta dei rischi. Tuttavia abbiamo la capacità di viverla come un rischio calcolato, perché sappiamo a cosa si va incontro, almeno dal punto di vista della gestione familiare e affettiva.

Olga, i vostri prodotti e servizi però non si “limitano” solo a contrastare il rischio del declino cognitivo nell’immediato, giusto?

No, infatti quello a cui puntiamo non è solo diffondere dei servizi di intervento per contrastare il declino cognitivo nel momento in cui questo si presenta, ma a diffondere la cultura della consapevolezza e del monitoraggio del proprio stato cognitivo, attraverso la creazione di indici numerici, in modo da poter definire quando e come agire su di quello e, speriamo, arrivare a dei profili predittivi di invecchiamento che ci aiutano a prendere decisioni in merito.

Ma l’invecchiamento è un rischio personale o collettivo?

Entrambi. Anzi è un rischio a tre livelli: personale, familiare e sociale.

Personale perchè è ovvio che colpisce molte persone direttamente. Familiare perché con le conseguenze del declino cognitivo c’è bisogno di un coinvolgimento sempre maggiore dei figli o altri caregivers e da qui, di conseguenza, sociale.

Sappiamo bene che l’essere caregivers comporta un carico di impegni aggiuntivo e stress che possono andare a minare la nostra efficienza lavorativa e il nostro benessere. E in particolare è il driver di un rischio più “rosa”, perché i caregiver che devono ridurre se non addirittura rinunciare al lavoro sono in maggioranza donne. Dunque, il declino cognitivo contribuisce in maniera indiretta al gender gap.