Video - Caffè in Rosa | Il coraggio di rischiare

12/10/2022 Autore: ANRA

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In occasione della Giornata Mondiale del Cuore, istituita nel 2012 dalla World Heart Federation per sensibilizzare i cittadini di ogni paese ed età sull’importanza della prevenzione cardiovascolare, durante l'appuntamento del Caffè in Rosa, inserito nel Dive In Festival 2022, ANRA ha incontrato Carlo Vincenzo Tresoldi, presidente della Croce Bianca Milano. Il tema: il Coraggio.

Con Croce Bianca Milano, rappresentata dal suo presidente, il dottor Carlo Vincenzo Tresoldi, vogliamo approfondire le sfide che ogni volontario del 118 si trova ad affrontare, per conoscere più da vicino la realtà del volontario di emergenza e di come oggi sia una scelta sempre più di coraggio e altruismo. Partiamo quindi da una infarinatura generale: chi è e cosa fa Croce Bianca?

Croce Bianca Milano è nata nel 1907 a Milano e da allora si è sviluppata fino a raggiungere la dimensione attuale di 37 unità operative sparse su tutto il territorio della regione Lombardia. Dal punto di vista del personale, abbiamo circa 4000 volontari operativi e circa 200 professionali, ovvero soccorritori dipendenti. Disponiamo di 250 automezzi tra ambulanze e veicoli adeguati al trasporto disabili. Ma parlavamo di coraggio: a mio avviso ci vuole poco coraggio, si tratta di avere a cuore la salute del prossimo, di chi ci passa accanto, della nostra famiglia. Il nostro motto infatti è “Ama il
prossimo tuo come te stesso”. 
Il coraggio di cui avete parlato, io sono abituato a chiamarlo passione: passione per il prossimo, del prendersi cura di persone in difficoltà, dalle più grandi come possono essere complicanze al sistema cardiocircolatorio alle minori. Tutti hanno bisogno di aiuto. Se una persona con disabilità motoria deve essere accompagnata a una terapia o a una visita ed è impossibilitato a uscire di casa perché i familiari non possono, facciamo anche questo. 
Per quanto riguarda gli interventi di urgenza, gestiti dalla regione a livello centralizzato, il punto di accesso 112/118 Croce Bianca sviluppa circa 82, 83 mila interventi all’anno anche perché il servizio è attivo 24 ore su 24. Mi piace ricordare il periodo buio del Covid dove i soccorritori riuscivano a tornare a casa a riposare dopo 17/18 ore di attività: questo è l’impegno che richiede essere volontario.


Ha utilizzato la parola passione che credo sia il termine più adatto per descrivere quello che fate e vi facciamo i nostri complimenti. Ha accennato a diversi tipi di interventi: in media per quanti interventi venite chiamati al giorno? C’è una tipologia maggiormente diffusa?

Sul numero di interventi giornalieri è difficile esprimersi: se pensiamo che un intervento di urgenza dura minimo un’ora dalla richiesta di soccorso al trasporto del paziente in pronto soccorso, questo dà la misura dell’impegno. La tipologia è la più vasta: esiste anche quello che in gergo viene chiamato “servizio taxi”, ovvero chi chiama l’ambulanza presentando solo qualche linea di febbre per evitare la fila nello studio del medico di base. Usare il servizio in questo modo è un abuso e si dovrebbe imparare a seguire le norme anche perché se si viene classificati come codice bianco o verde si attende finché il pronto soccorso non ha smaltito le emergenze e si finisce per attendere comunque.


Lei ha detto che la rapidità di intervento è essenziale ma spesso va di pari passo con la tempestività con cui si segnala l’emergenza. Prima parlava di 112/118: che numero va chiamato?

Il 112, ma dopo anni in cui siamo stati abituati a chiamare il 118, se qualcuno lo chiama non cambia nulla perché il sistema è settato in modo tale che se uno chiama 112 risponde 112, se uno chiama 118 risponde comunque il 112 perché è sullo stesso canale. Dopodiché il meccanismo è molto semplice: il 112 è la porta di ingresso a tutte le urgenze, non solo sanitarie ma anche ambientali e di sicurezza. 

Con una prima intervista di 30/40 secondi, l’operatore cerca di capire qual è l’esigenza, raccoglie i dati di chi ha chiamato e dispaccia la chiamata alla centrale responsabile in modo che chi risponde già sappia il motivo per cui hanno chiamato, chi ha chiamato, dove abita e il numero di telefono. Tutte informazioni importanti per chi deve gestire un’emergenza. Il tempo di intervento è importante, quando succede bisogna chiamare subito: la chiamata deve essere tempestiva soprattutto per patologie di salute tempo-dipendenti, come infarti o ictus perché è necessario intervenire velocemente: se si opera per il cuore è questione di minuti. 

Prima dell’arrivo dell’ambulanza, è importantissimo che i familiari o chi assiste al paziente inizino subito un massaggio cardiaco perché aumenta il periodo di tempo in cui l’ossigeno è in circolo. L’operatore della centrale operativa 112 è in grado di dare istruzioni per le prime manovre supporto basilari: se chi le deve seguire non l’ha mai fatto, è qui che serve il coraggio di mettere le mani addosso a una persona, ma grazie alle indicazioni dell’operatore, una persona che non ha mai ricevuto una certa formazione riesce a sostenere la vita. Come associazione abbiamo formato 5000 laici con il corso di primo soccorso.


È importante sapere cosa fare operativamente ma a volte la gestione delle emozioni può essere un problema: all’interno di questi corsi affrontate anche il tema di come controllare le emozioni nel momento dell’intervento?

Il corso per diventare soccorritore dura un certo numero di mesi, un periodo sufficientemente lungo (da ottobre a maggio, circa) che permette anche di imparare a gestire le emozioni in particolar modo grazie ai test di prova: ripetendo le manovre necessarie a rianimare una persona a terra, seppur un manichino, pian piano l’emozione si impara a tenere sotto controllo. In ambulanza, inoltre, di solito ci sono due/tre persone: un autista più due soccorritori, quindi un team di persone che si supporta a vicenda.  


Ci siamo permessi di fare ai partecipanti, in fase di progettazione di questo incontro, un paio di domande, tra cui ti piacerebbe partecipare a corsi di formazione per laici? E abbiamo avuto un 63% di risposte positive. 

Io ignorerei il 63% e mi focalizzerei sul 37% che risponde no. Mi rivolgo a questo 37%, se posso, dicendo: riconsiderate il vostro no perché con 5 o 6 ore di formazione si è in grado di intervenire davanti a una patologia importante come quella richiesta dal massaggio cardiaco. Ringrazio il 63% e auguro loro di poter trovare un’organizzazione per fare un corso breve ma per quel 37% mi dispiace perché perdiamo occasioni per salvare la vita alle persone.


La curva delle persone interessate e persone che iniziano corsi per diventare volontari come sta andando?

Ahimè il Covid non ha aiutato. Questi due anni ci hanno tarpato le ali, il numero è diminuito sia nei nuovi ma è stato un disastro anche per chi già c’era. Adesso stiamo ripartendo a fare corsi e stiamo cercando di recuperare.


Come lei sa, dottor Tresoldi, la nostra è un’Associazione di risk manager quindi volevo capire con lei per ricollegarmi al tema dei rischi, ci sono rischi legati a una manovra fatta male o a cui lo stesso soccorritore può andare incontro che rappresentano un limite a questo reclutamento dei volontari?

Rischi particolari li escluderei, la formazione è uguale per tutti. Tanto è vero che il materiale utilizzato per la formazione è pubblicato da Areu e nessuno può fare formazione con un altro materiale. Secondo aspetto, nel corso di formazione il concetto di verificare che la scena sia sicura viene ripetuto più volte. Rischi per il soccorritore: particolari non ne vedo se non quello di scivolare scendendo un gradino, a nessun soccorritore viene richiesto di arrampicarsi su un ponteggio, prima arriva un pompiere a mettere in sicurezza e poi intervengono i sanitari. Inventare in questo caso non va bene, bisogna mettere in pratica i protocolli insegnati durante i corsi di formazione.


I volontari o dipendenti vengono assicurati per rischi assicurati a terzi?

Certo, con la polizza Responsabilità Civile contro Terzi (RCT).


Ultima domanda: cos’ha spinto lei a diventare volontario e intraprendere questo percorso?

Io sono diventato volontario quando stavo finendo la mia vita professionale grazie a un amico che stava in Croce Bianca. Una sera mi ha chiesto cosa facessi il lunedì successivo e dopo tanto insistere, alla fine mi ha fatto promettere di andare in Croce Bianca dov’era lui. Da allora, sono ancora qui adesso perché ho scoperto un mondo che non conoscevo. Prima ero una macchina per far soldi per altri, ma in questo mondo tutto quello che si fa, si fa per passione.