Video - Caffè in Rosa con Telethon | Quando raro non significa poco

06/03/2023 Autore: Angelica Uberti

video-caffe-in-rosa-con-telethon-quando-raro-non-significa-poco

Istituita per la prima volta nel 2008, la Giornata Mondiale delle malattie rare dovrebbe cadere il 29 febbraio, il giorno più "raro" di tutti. Per essere celebrata, tuttavia, la scelta è ricaduta sul 28 febbraio e ha l'obiettivo di aumentare la consapevolezza delle malattie rare e del loro effetto sulla vita dei pazienti che ne sono affetti. ANRA ha aperto la stagione dei suoi Caffè in Rosa con un appuntamento dedicato a una delle Fondazioni italiane più importanti in materia, Telethon, ente senza scopo di lucro riconosciuto dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, NATO nel 1990 per rispondere all'appello di pazienti affetti da malattie rare. Qui l’intervista a Samuela Mortara – Trade Marketing Manager Telethon.

Telethon è un ente senza scopo di lucro riconosciuto dal ministero dell'università, della Ricerca Scientifica e tecnologica che nasce nel 1990 per rispondere all'appello di pazienti affetti da malattie rare. Samuela come e dove nasce Telethon?

Telethon nasce dalla profonda convinzione che nessuno deve essere lasciato indietro e che la rarità di una malattia non possa e non debba in nessun modo determinare il valore di una vita. Alla fine degli anni Ottanta Lina Chiaffoni, Presidente della sezione di Verona UILDM, in rappresentanza di un piccolo gruppo di genitori mosse mari e monti per incontrare Susanna Agnelli, al tempo viceministro degli Affari Esteri. Chiaffoni mise Agnelli di fronte a un problema: molte malattie sono così poco conosciute da essere per nulla indagate e assistite. Susanna Agnelli accolse questa piccola delegazione e promise di diventare parte attiva nel cambiare le cose. Propose così alla RAI di dare vita a una maratona televisiva che potesse toccare il cuore di tutti gli italiani e riuscire a coinvolgergli in questo progetto, facendosi lei stessa garante. Nel 1990 andò così in onda il primo Telethon, la prima maratona televisiva in Italia e la risposta degli italiani fu da subito così generosa e così importante che confermò la sua tesi per cui fare le cose in grande fosse la strada corretta.

All'inizio vi occupavate solo di distrofia muscolare. Successivamente avete aperto a tutte le malattie genetiche la vostra ricerca. Quando c'è stata la svolta?

La svolta è stata quasi immediata, perché ci si rese conto che la ricerca non viaggia a compartimenti stagni, ma che per ottenere risultati occorresse aprire a tutto il mondo delle malattie genetiche. E ciò avvenne nel 1992.

Le malattie rare sono spesso trascurate dai grandi investimenti pubblici e industriali e dunque orfane di ricerche sui farmaci perché se prese singolarmente non sono statisticamente rilevanti. Voi come rispondete a questa emergenza silenziosa?

Fare luce sul problema e sensibilizzare continua ad essere il nostro mantra, perché seppur rare, le malattie sono estremamente democratiche. Per questo motivo abbiamo messo a punto una governance severissima che permette di scegliere su quale malattia investire e dunque avviare un progetto di ricerca in base al merito delle progettualità. La selezione non viene fatta da Telethon, ma attraverso una commissione composta da scienziati internazionali con l’unico metodo italiano certificato in qualità di erogazione dei fondi da parte di una charity.

Qual è il rischio più grande che la fondazione affronta ogni giorno?

Telethon fa ricerca sulle malattie genetiche e per noi è essenziale essere percepiti  come interessanti per poter attrarre finanziamenti dai privati cittadini. Non essendo spesso sufficienti, abbiamo anche instaurato delle alleanze con le case farmaceutiche, in quanto la fase di inserimento  sul mercato di un farmaco dipende proprio da esse. Il rischio che continuiamo a correre è che le malattie rare continuano a essere viste come non sufficientemente remunerative ed è per questo che Telethon ha deciso di investire ulteriore know-how e lavorare sui tavoli istituzionali per poter diventare una farmaceutica essa stessa e creare così farmaci.

Quando si parla di qualità della vita si fa riferimento al progetto dei centri clinici Nemo. Di cosa si tratta?

I centri Nemo compiono quindici anni quest'anno e rappresentano un'altra bellissima operazione a favore dei pazienti  neuromuscolari. Nemo sta per NeuroMuscolar Omnicentre e sono un esempio di sussidiarietà orizzontale che nasce dall'unione tra il pubblico e il privato, con l'obiettivo di prendere in carico i pazienti neuromuscolari a 360 gradi. Nemo condensa tutte quelle che sono le competenze di un centro multidisciplinare e conta fino a circa 23 discipline al suo interno: nasce in quelli che sono degli istituti di eccellenza, dal Niguarda a Milano al Gemelli a Roma, con l'obiettivo di prendersi cura di questi pazienti e delle loro famiglie.

Parliamo ora di malattia genetica e entriamo un po' più nel merito di quello che è il vostro core business.

Se parliamo della terapia genica, parliamo di una piattaforma di cui siamo pionieri. Dovete immaginare la terapia genica come un trapianto di midollo dove però il donatore e il ricevente sono la stessa persona: consiste nell'andare a correggere un difetto genetico con la sostituzione del gene difettoso con uno corretto. Come? Con un virus che deve essere ingegnerizzato per non essere patologico e diventare un vettore di cura. Il primo è stato l'Hiv, il virus dell'AIDS a metà anni ’90, durante la sua piena esplosione. Il professor Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano, ebbe la sua prima intuizione: siccome la terapia genica iniziava ad avere delle difficoltà, pensò che probabilmente lavorando sull'Hiv ingegnerizzandolo potesse arrivare ad essere uno dei migliori virus da utilizzare per la terapia genica. Quando presentò i dati alla comunità scientifica, qualcuno gli diede del pazzo. Non vi sto a raccontare le vicissitudini per ottenere il finanziamento, ma a Milano in Telethon c’era un team di ricercatori che stava facendo funzionare la terapia genica. Susanna Agnelli si fece nuovamente promotrice della necessità di unire le forze e chiamò Naldini che, con colui che è l’attuale vicedirettore dell’istituto, Alessandro Aiuti, lavorò a un farmaco approvato nel 2020, il Libmeldy per il trattamento della leucodistrofia metocromatica.

Sicuramente la mission di Telethon è riuscire a scrivere la parola cura accanto al nome di ogni malattia genetica rara. Oltre a quella di cui ci hai appena parlato, avete trovato altre cure oppure ci sono ancora dei progetti di ricerca in corso?

C'è un progetto in fase di approvazione per un'altra immunodeficienza, la Wiskott-Aldrich molto severa. Ci sono altri studi clinici avanzati per ulteriori malattie come la beta talassemia e malattie da accumulo lisosomiale.

Quale ruolo svolgono in Telethon i volontari?

In Telethon abbiamo un sistema di volontariato che utilizza il proprio tempo per far sì che le donazioni si moltiplichino. Per candidarsi basta andare sul sito nella sezione “Partecipa”, compilare un form e si verrà ricontattati. Se si preferisce essere un po' più diretti si può mandare un'email a: volontari@telethon.it indicando la provincia di residenza.